Una nuova sentenza della Corte di Cassazione regola un caso inerente il tema del mondo del lavoro. In particolare gli Ermellini questa volta si sono dovuti pronunciare sul caso di un lavoratore che durante una malattia svolge un lavoro presso un congiunto. Il caso riguarda infatti un lavoratore che dichiarandosi in malattia presso la propria azienda aveva prestato servizio presso l’attività di un congiunto.
I giudici della Corte di Cassazione hanno quindi emesso la sentenza nr.23365 dello scorso 15 ottobre e hanno dato ragione al lavoratore, stabilende che il suo licenziamento era illegittimo, ovvero gli Ermellini hanno sentenziato che non puಠessere licenziato il lavoratore in malattia che presta un’altra attività lavorativa presso un congiunto se questa seconda attività non pregiudica la guarigione del lavoratore stesso.
Il caso ha riguardato un lavoratore licenziato dall’azienda perchèpur avendo comunicato in azienda di essere in malattia, èstato trovato a lavorare per tre giorni a prestare i propri servizi presso un’agenzia immobiliare di proprietà di un congiunto.
L’azienda èricorsa sino al terzo grado di giudizio dopo che il Tribunale di primo grado e la Corte di Appello avevano dichiarato illegittimo il licenziamento e hanno ordinato il reintegro in organico del lavoratore. La stessa azienda èstata condannata da entrambi i gradi di giudizio al risarcimento del danno nei confronti del lavoratore illegittimamente licenziato. La Corte di Cassazione ha ritenuto opportuno confermare le prime due sentenze emesse dal Tribunale e dalla Corte di Appello.
I giudici della Suprema Corte hanno infatti ribadito che la contestazione aziendale era del tutto generica in quanto non era stato specificato negli atti  non era il numero di volte in cui il dipendente era stato visto lavorare e neppure la presunta attività compiuta presso l’agenzia immobiliare del congiunto.
La Cassazione ha infatti valutato che dagli atti presentati èmersa “solo un’attività sporadica ed occasionale e non durante l’intero orario di apertura dell’Agenzia da parte del lavoratore, non ammissibile ad una prestazione lavorativa e, certamente poco impegnativa dal punto di vista psichico e fisico che, anzi, non solo stante la sua dimensione qualitativa quantitativa, era del tutto compatibile con la malattia sofferta (epotopatia cronica evolutiva), ma, addirittura, poteva dirsi funzionale ad una pi๠pronta guarigioneâ€