Il lavoro agile, che prevede tutta una serie di iniziative, fra cui il lavoro da casa o “da remoto” è stato ulteriormente prorogato al 30 settembre 2023 per i lavoratori fragili del settore privato e pubblico e fino al 31 dicembre anno corrente per i dipendenti privati/genitori con figli under 14, anche senza accordo individuale. Per tutti gli altri dal 1 ottobre scatta l’accordo col datore di lavoro
Durante il periodo pandemico abbiamo imparato a conoscere il lavoro da remoto, conosciuto anche, erroneamente, con il termine “smart working”. Erroneamente poiché il concetto alla base delle due terminologie è lievemente differente.
Cos’è lo Smart working o “lavoro agile”
Potremmo definire il lavoro da remoto o “remote working”, come nasce dall’inglesismo già ampiamente utilizzato nei Paesi scandinavi e negli Stati Uniti, ben prima della pandemia, come un sottoinsieme del lavoro agile o smart working.
Quest’ultimo infatti racchiude una serie di metodologie e strumenti che vanno oltre il lavoro da casa o da qualsivoglia spazio dedicato nel quale si sceglie di operare.
Lavorare in modo “smart” significa innanzitutto non essere soggetto ai classici “orari da ufficio” e anche per coloro che svolgono lavori manuali su turni, questi possono essere definiti “intelligenti”, atti a favorire, in un’ottica di benessere fisico e mentale del lavoratore, efficienza e qualità del lavoro svolto. Non si lavora più quindi per “orari”, ma per obiettivi.
Ancora, il lavoratore in smart working, nonostante possa essere un dipendente sotto contratto, è molto più assimilabile ad un freelance in partita iva, in quanto oltre a non avere un vincolo orario, non possiede vincolo fisico per il luogo di lavoro. Ecco che può scegliere di lavorare comodamente da casa o in spazi dedicati, cosiddetti di “coworking”. Si lavora poi spesso in team, utilizzando strumenti digitali per la condivisione di contenuti, file e schede informative. Spesso il lavoratore in smart viene dotato di tablet, telefono e computer aziendali proprio per ovviare all’assenza di luogo fisico. Importante avere un’ottima connessione Wi-Fi, poiché la non vicinanza fisica ai colleghi, presuppone, tramite gli schermi, videochiamate. (Sentiamo sempre più spesso il termine “call” per indicare fasi di allineamento e confronto sui progetti.
La tecnologia ormai fa da padrona nelle nostre vite, ma questa permette anche la riorganizzazione di alcuni ambiti quotidiani, fra cui il lavoro appunto. Non solo questo: se pensiamo alle nostre giornate tipo, ci renderemo subito conto che anche il modo di svagarci è cambiato. Esistono oggi film in streaming, giochi digitali che un tempo erano fisici, che mantengono tutte le caratteristiche, se non addirittura migliorate, di quelli fisici. È ciò che si evince guardando alle sezioni delle slots machine e dei videogames presenti su steam, che oramai hanno sono adattabili a ogni tipo di computer e telefono.
La proroga: il futuro è smart?
Con l’articolo 28 bis si è scelto di prolungare il lavoro da remoto, che ricordiamo essere un’appendice del lavoro smart, fino fine dicembre per alcune categorie. Le polemiche non sono mancate poiché anche per questo tema, ci sono coloro che sostengono la nuova visione più “digital” del futuro e coloro che invece temono possa andare a distruggere la componente di interazione umana, ormai come abbiamo visto, sempre più mediata dalla tecnologia.
Un’altra critica deriva dalla scelta di prolungare il remoto per categorie fragili, con l’accusa di “ghettizzare” i lavoratori con problematiche in casa con un minor supporto e presenza fisica dell’azienda per la quale lavorano.
D’altro canto, chi è favore al lavoro da casa, sostiene che la perdita di tempo dovuta agli spostamenti viene perfettamente superata e compensata nel lavoro che si fa più efficiente, meno stressante e veloce. Se pensiamo infatti alla categoria dei pendolari, non si può escludere che lo smart working stia apportando numerosi benefici in termini di benessere del lavoratore e benessere economico dovuto al risparmio di abbonamenti ai mezzi e costi della benzina.
Il futuro è attualmente incerto poiché si sta sempre di più polarizzando tra impieghi tradizionali da rendere in presenza e che non richiedono una presenza fissa e lavori da freelance.
Sicuramente con l’avvento del digitale sempre più ruoli permettono il telelavoro e per questo nelle città si stanno riorganizzando gli spazi in quest’ottica. È di poco tempo fa la notizia del BHR di Treviso, che ha messo a disposizione ampissimi spazi e zone logge per i lavoratori da remoto, i quali senza dover necessariamente pernottare in hotel, potranno prenotare la loro postazione di telelavoro da un’app dell’hotel dedicata.
In tutto questo trambusto, pochi sanno che del futuro del lavoro agile se ne è parlato sia al governo che al Parlamento Europeo, proprio per discuterne il suo futuro.
Dalle indagini condotte ne risulta un quadro complesso e sfaccettato che vede dinamiche diverse per aziende di diverso settore e anche per i propri dipendenti, quadro che evidenzia anche come alcune aziende non lo usino a loro svantaggio.
Sebbene sembrerebbe che gli italiani preferiscano la vecchia modalità in presenza, è risultato come in certi casi, lo smart working faccia crescere economicamente il profitto aziendale dunque andando a efficentare molte aziende del territorio che per esempio esportano all’estero. Un compromesso fra lavoratori ed aziende andrà sicuramente trovato, ma forse, quello che ci sentiamo di dire è che lo smart working va innanzitutto conosciuto ed “imparato” per poter essere apprezzato.