Le direttrici perseguite dalla riforma sono sostanzialmente tre.
La prima èquella di dare una definizione chiara e precisa di cosa s’intende per “lavoro neroâ€, o “sommerso†che dir si voglia. La precedente definizione (“lavoratori non risultanti da registri e scritture contabiliâ€) lasciava adito a parecchi dubbi applicativi; la nuova èsicuramente inequivocabile: i lavoratori in nero sono coloro per i quali non vi sia stata la “preventiva comunicazione d’instaurazione del rapporto di lavoroâ€.
La seconda direttrice èquella di moltiplicare i soggetti abilitati ad applicare le sanzioni: non solo gli ispettori del Lavoro ma anche i funzionari degli enti previdenziali, dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza. Quando, cioà¨, nel corso di una verifica, costoro individuino ipotesi di lavoro sommerso non dovranno pi๠limitarsi a fare una segnalazione bensଠprovvedere in prima persona ad irrogare le sanzioni.
L’aspetto perಠforse pi๠corposo della riforma riguarda l’entità delle sanzioni. La norma vigente prevede come regola ordinaria l’applicazione di una stangata pari fra i 1.500 e i 12.000 euro, a cui vanno sommati altri 150 euro per ogni giorno di lavoro sommerso.
Con la riforma, la maxisanzione rimane sଠin vigore, ma solo laddove non trovino applicazione sanzioni ben pi๠morbide, ora previste in una serie di ipotesi.
Niente stangata quando il rapporto di lavoro: èdi tipo domestico; èstato dichiarato sotto altra forma (per esempio, associazione in partecipazione anzichè lavoro dipendente); sia stato spontaneamente regolarizzato in un momento successivo all’effettiva assunzione; èdi breve periodo. Sanzioni dimezzate, infine, se sono pagate immediatamente.