Qui il discorso, infatti, èdel tutto differente: non ètutelato il “sesso debole†ma la particolare funzione che la donna assume in quanto madre.
La legge prevede, dunque, una serie di protezioni contenute oggi nella legge 151/2001, che ha anche introdotto una notevole innovazione rispetto al passato: la possibilità di estendere o trasferire le tutele al lavoratore-padre, in tutte le ipotesi in cui non sia la madre a fruirne, per scelta o impossibilità .
Vediamo dunque il quadro delle garanzie previsto attualmente. Innanzitutto, spicca il congedo di maternità : èvietato sottoporre la lavoratrice a qualsiasi prestazione lavorativa nei due mesi antecedenti la data presunta del parto e nei tre mesi successivi. Anche se il parto avviene prima del previsto, alla madre spettano comunque cinque mesi complessivi di congedo.
La stessa puಠeventualmente scegliere di posticipare l’entrata in maternità : puಠfruire del congedo anche solo un mese prima della data prevista per il parto e per i quattro mesi successivi, purchè non vi siano controindicazioni mediche.
Se perಠla madre non puಠfruire di tutto o di parte dei cinque mesi di congedo (per morte o grave infermità ), il padre ha diritto di subentrare e goderne al suo posto.
Medesimo diritto gli èriconosciuto se la madre ha abbandonato il neonato o comunque èil padre ad averne l’affidamento esclusivo.
Il periodo di congedo ècontato ai fini dell’anzianità e del TFR, e la madre o il padre che ne fruisce ha diritto all’80% della normale retribuzione. Il posto di lavoro, ovviamente, èconservato fino al suo rientro.