La riforma del lavoro va ad insistere su una modifica strutturale del sistema di erogazione dei benefici delle aziende. àˆ inutile aumentare stipendi e diffondere benefit se poi mancano progetti sui quali lavorare o la produzione èKO, meglio èpremiare chi incrementa la produzione.Â
In pratica l’obiettivo èriportare l’Italia agli antichi fasti produttivi, aumentando i prodotti sul mercato, lavorando sul commercio e sulla distribuzione, sulla penetrazione nel mercato, trascurando altri aspetti che riguardano non il lavoro e la produttività ma il welfare. Un equilibrio difficile da trovare quello tra bonus e premi di produzione.
Perchè cambiare il mondo del lavoro imprimendo una nuova direzione? Il punto di partenza sono le statistiche sull’occupazione: i nuovi occupati a tempo indeterminato sono cresciuti dello 0,3% da maggio a luglio rispetto al trimestre precedente, quelli a termine dieci volte tanto. I lavoratori autonomi al contempo sono diminuiti (-68 mila in un mese).
Questo vuol dire che le imprese hanno sfruttato i bonus di assunzione per sanare le loro lacune, per stabilizzare i precari che comunque avrebbero dovuto stabilizzare. L’operazione sgravi-assunzioni perಠgraverà sulle casse pubbliche per circa 17 miliardi nell’arco dei prossimi sette anni (tenendo conto anche di quelli che in gergo tecnico sono inquadrati come trascinamenti). Adesso èarrivato il momento di rendere sostenibile questo progetto. Anche se adesso le proposte del governo non sono state messe nero su bianco, la volontà di rafforzare i premi produttività èpalese. Scrive un quotidiano online:
Si conta di portare nel triennio 2017-19 la soglia di reddito tassato al 10% e da 50 a 70 mila i redditi coinvolti. La spesa appare tutto sommato sostenibile (137 milioni il primo anno, 309 nel secondo, 301 nel terzo).