Milioni di lavoratori tessili del Bangladesh lavorano ancora in condizioni di mancata sicurezza. àˆ quanto emerge da uno studio americano che èandato a controllare gli stabilimenti in Bangladesh che lavorano per servire il settore dell’abbigliamento globale.Â
Milioni di persone lavorano in condizioni di lavoro non sicure. L’etica vorrebbe che non si acquistassero pi๠vestiti realizzati in questi capannoni, la ragione spinge a fare pressione su governo e imprenditori al fine di mettere in sicurezza i capannoni migliorando qualità del lavoro, qualità del prodotto e ricavato dal business.
La notizia èstata tradotta in Italia da FashionMag che spiega la situazione dell’industria dell’abbigliamento in Bangladesh con queste parole.
L’industria dell’abbigliamento del Bangladesh (che vale 25 miliardi di dollari, pari a 23,1 miliardi di euro) èstata oggetto di un piano di revisione della sicurezza degli stabilimenti produttivi dopo il crollo dell’edificio Rana Plaza del 2013, nel quale morirono oltre 1.100 persone.Migliaia di fabbriche hanno subito ispezioni e decine sono state chiuse per problemi di sicurezza.
Ma in molte fabbriche funzionanti, i dipendenti non hanno avuto alcun miglioramento delle condizioni in cui si trovano ad operare, ha riferito in uno studio lo Stern Center for Business and Human Rights della New York University. Gli autori hanno determinato che pi๠di 7.000 fabbriche in Bangladesh stanno producendo merci per l’industria globale dell’abbigliamento, circa il doppio delle 3.600 fabbriche esportatrici che la Bangladesh Garment Manufacturers and Exporters Association (Associazione dei Produttori ed Esportatori di Abbigliamento del Bangladesh, ndr.) afferma siano operative. Molti di questi sono stabilimenti di piccole e medie dimensioni, i cui lavoratori indirettamente producono beni per i marchi esteri con il tramite delle fabbriche pi๠grandi, hanno scoperto gli autori dell’indagine.
“Sebbene i marchi globali asseriscano di applicare politiche rigorose contro il subappalto, in realtà milioni di lavoratori e migliaia di fabbriche pi๠piccole stanno producendo le loro merci”, ha detto in un comunicato Sarah Labowitz, condirettore dello Stern Center for Business and Human Rights. “Lavorare in queste fabbriche spesso èaltamente rischioso”, ha aggiunto la Labowitz.