A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza 1471/2013, con la quale un’azienda veneta èstata condannata al risarcimento del danno biologioco nei confronti di un suo dipendente, che tra le altre cose era anche stato demansionato, vittima di mobbing consistente in dileggio e altre vessazioni da parte di altri suoi colleghi dipendenti delle stessa azienda.
Al riguardo la Suprema Corte ha precisato che l’obbligo di risarcimento del danno a carico dell’azienda si configura esclusivamente nel caso in cui venga accertato che questa era al corrente del fatto che fosse stata posta in essere una pratica di mobbing e che, nonostante cià², non si sia attivata per farla cessare. In altre parole, si tratta di una cosiddetta responsabilità omissiva.
Per poter sottrarsi all’obbligo di risarcimento danni nei confronti del dipendente, dunque, l’azienda deve riuscire a dimostrare con prove concrete di avere adottato tutte le misure dirette a impedire la protrazione della condotta illecita.
La sentenza pronunciata dalla Corte di Cassazione, dunque, allarga ulteriormente l’ambito di responsabilità dell’azienda nei confronti dei suoi dipendenti, affermando l’esistenza di una responsabilità a suo carico anche qualora i comportamenti scorretti siano stati posti in essere da soggetti terzi rispetto ai quali il lavoratore vittima non ha alcun vincolo di subordinazione.