La circolare, in particolare, recepisce le indicazioni della Commissione consultiva istituita dal Testo unico in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro e stabilisce che il datore di lavoro, sia pubblico che privato, non solo èobbligato a tenere conto dei rischi da lavoro in tutte le sue scelte di tipo organizzativo e gestionale, ma deve anche considerare tutti i potenziali rischi per la salute e la sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori, compresi quelli immateriali, proprio come quelli che riguardano lo stress lavoro-correlato.
La valutazione dello stress lavoro-correlato si articola in due fasi: una necessaria e l’altra eventuale. La prima èobbligatoria ed èvolta all’individuazione di indicatori di vario tipo: si parte dall’indice di infortuni alle specifiche e frequenti lamentele formalizzate da parte dei lavoratori, passando per i turni e i conflitti interpersonali al lavoro. Se da questa prima valutazione non emergono elementi di rischio, il datore di lavoro dovrà solo darne conto nel Documento di valutazione del rischio e prevedere un piano di monitoraggio.
Al contrario, invece, se risultano essere presenti dei fattori di stress, sarà necessaria in primo luogo l’adozione di opportuni interventi correttivi e poi, se la situazione non cambia, si procederà alla valutazione approfondita.
Il dubbio principale, tuttavia, riguarda la reale applicazione di questa prassi. Sono in molti, infatti, a supporre che si tratta di una pratica che difficilmente verrà attuata nel concreto, in quanto la circolare assume principalmente le vesti di adempimento obbligatorio a cui il ministero non poteva sottrarsi.