A stabilire la legittimità di tale provvedimento èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18603 del 24 aprile 2013. In realtà , nel primo grado di giudizio il tribunale aveva stabilito l’inammissibilità del sequestro preventivo in relazione ad un’attività imprenditoriale, in considerazione del carattere ablatorio, e quindi non interdittivo, della misura cautelare, che impone la riferibilità esclusivamente ad una cosa pertinente al reato e non all’intera impresa o attività imprenditoriale.
Nel giudicare il caso in esame la Suprema Corte, dopo aver sottolineato che la giurisprudenza di legittimità , in tema di sequestro preventivo di aziende, ha affrontato diverse vicende riguardanti la sequestrabilità delle aziende strutturate per lo svolgimento di attività lavorativa prevalente di lavoratori stranieri privi di permesso di soggiorno, ha affermato che oggetto della misura cautelare reale puಠessere anche un’intera azienda, purchè sussistano indizi che anche taluno soltanto dei beni aziendali, proprio per la sua collocazione strumentale, sia utilizzato per la consumazione del reato, a nulla rilevando la circostanza che l’azienda svolga anche normali attività imprenditoriali.
A fronte di cià², dunque, èstata considerata emessa in violazione di legge l’ordinanza del procuratore della Repubblica, contro la quale èstato proposto ricorso in Cassazione, nella parte in cui esclude in via di principio la suscettibilità dell’azienda a costituire oggetto di sequestro preventivo, indipendentemente dall’indagine di merito riguardante il rapporto di pertinenzialità della misura rispetto al reato, ovvero l’eventuale proporzionalità di detta misura cautelare rispetto alle esigenze cui èdestinata.