Va detto che, prima che il tribunale si esprima, egli ha comunque il diritto di apportare modifiche al piano di risanamento o integrare e correggere i documenti presentati, o addirittura revocare l’istanza. Una volta, perà², che il tribunale si sarà espresso, non sarà pi๠possibile tornare indietro.
I casi sono due. Se il tribunale ritiene che non ci siano le condizioni per accettare l’istanza, la conseguenza immediata e automatica èla dichiarazione di fallimento. In realtà , non èdetto che ci siano per forza tutti i requisiti del fallimento (per esempio, èda vedere se l’imprenditore si trova in condizioni di irreversibile insolvenza), e dunque egli potrà ben impugnare la sentenza, ma anche se riuscisse a sottrarsi al fallimento, la successiva ammissione al concordato preventivo sarebbe possibile ma nella realtà molto difficile.
Se invece l’istanza èaccolta, le conseguenze sono numerose e importanti. Il tribunale nominerà il giudice delegato, che sovrintenderà alla procedura, e il commissario giudiziale (in genere un avvocato o un commercialista) che dovrà seguire passo passo l’operato dell’imprenditore e riferirne al giudice.
Il tribunale, inoltre, imporrà all’imprenditore di depositare entro quindici giorni in cancelleria una certa somma, che sarà quella presumibilmente necessaria per coprire tutte le spese della procedura: se egli non provvede, consegue la sentenza di fallimento.
Ancora, sarà fissata una data, non superiore a trenta giorni, entro la quale convocare i creditori. A questo provvederà il commissario giudiziale, che verificherà ed eventualmente correggerà l’elenco presentato dall’imprenditore.
L’ammissione dell’impresa al concordato preventivo sarà comunicata al registro delle imprese, in modo che tutti i terzi possano venirlo a sapere, nonchè trascritta nei registri immobiliari per gli immobili posseduti dall’azienda.