Molti operatori, tuttavia, in questi mesi hanno preferito rinunciare a tale beneficio fiscale per motivi di pura semplicità : soprattutto per le imprese di grandi dimensioni in cui molti dipendenti sono impegnati continuamente in trasferte di lavoro, contabilizzare ogni singola fattura separando imponibile e imposta sarebbe risultata un’operazione lunga e complessa.
Cosଠle imprese hanno acconsentito che i dipendenti continuassero a richiedere a ristoratori e albergatori semplici ricevute fiscali, ben pi๠semplici da contabilizzare, rinunciando dunque a detrarre l’IVA, specie in presenza di importi ridotti.
Il punto èche, da sempre, l’IVA non detratta per qualsiasi motivo costituisce parte del costo dell’operazione, che dal 2009 risulta deducibile al 75% dall’imposta sui redditi e per il 100% dall’IRAP: a quella rinuncia, dunque, corrisponde una contropartita fiscale minore ma comunque da non sottovalutare.
Ma ora la circolare n. 6/2009 diffusa dall’Agenzia delle Entrate rimescola in carte in tavola, diffondendo un’interpretazione normativa del tutto innovativa.
Secondo l’Agenzia, infatti, l’IVA non detratta sulle operazioni di vitto e alloggio èda considerarsi indeducibile (perlomeno ai fini IRPEF/IRES, non a quelli IRAP).
Ciಠsignifica che tutti coloro che hanno adottato la soluzione contabile citata si ritrovano di colpo con due danni: dovranno ricalcolare l’IVA su tutte le operazioni contabilizzate da settembre in poi per scorporarla dalla base imponibile IRPEF/IRES, azzerando dunque ogni effetto di semplicità , e dovranno anche vedere la stessa IVA non detratta come totalmente indeducibile.
Poichè quest’interpretazione èdifforme da ogni prassi consolidata in tema di IVA non detratta, èfacilmente presumibile un’infinità di ricorsi.