Secondo l’art. 2195 del Codice Civile, l’impresa èdi tipo commerciale quando l’attività esercitata consiste nella produzione di beni e servizi, nell’intermediazione, nel trasporto di persone e merci, nell’attività bancaria o assicurativa oppure in qualunque attività ausiliaria alle precedenti.
Secondo la gran parte della dottrina, anche se non mancano voci di dissenso, si puಠpi๠semplicemente definire come attività commerciale qualunque attività d’impresa non definibile come agricola (descritta nell’art. 2135 del Codice Civile).
Pertanto, non puಠmai fallire nessuna ditta individuale che eserciti attività agricola. Discorso pi๠complesso per le società : sicuramente non puಠfallire la società semplice (che per legge non puಠmai esercitare attività commerciale), mentre possono fallire tutti gli altri tipi di società , poichè la legge le considera a tutti gli effetti imprese commerciali anche quando l’attività svolta fosse agricola.
àˆ poi richiesto che l’impresa non sia soggetta obbligatoriamente, in caso di crisi, ad altra procedura concorsuale, e in particolare non sia da sottoporsi inderogabilmente a liquidazione coatta amministrativa. àˆ quest’ultima una procedura molto complessa e diversificata, condotta da autorità amministrative, e prevista in determinati settori considerati piuttosto delicati: le banche, ad esempio, o le società di assicurazione, o le cooperative non commerciali.
Discorso particolare per le cooperative che svolgono attività commerciale: esse possono fallire solo se non ègià stata avviata in precedenza una liquidazione coatta amministrativa. Vale, cioà¨, il principio della prevalenza, per cui la prima procedura che èdichiarata preclude l’avvio dell’altra.
Pi๠in generale, comunque, non puಠmai essere sottoposta a fallimento un’impresa che ègià soggetta ad un’altra procedura concorsuale, salvo quando il fallimento interviene come conseguenza inevitabile allorchè un’impresa soggetta a concordato preventivo o ad amministrazione straordinaria non riesca ad essere risanata.