In particolare, èuna procedura giudiziaria, perchè dichiarata e seguita esclusivamente dal tribunale e non da enti amministrativi, ed èuna procedura di tipo estintivo, in quanto la sua finalità principale èquella di rimuovere dal mercato un’impresa che versi in difficoltà irreversibile per limitare nel tempo e nello spazio il diffondersi della sua crisi verso altri soggetti secondo un pericoloso effetto-domino, senza che sia esperibile alcun tentativo di risanamento.
Ma non tutte le imprese possono essere soggette al fallimento. Trattandosi di un’ipotesi molto complessa e gravida di effetti verso una pluralità di soggetti (creditori, terzi contraenti, dipendenti, l’Erario…), la legge stabilisce che solo le imprese che presentino contemporaneamente diversi requisiti possono essere dichiarate fallite, con tutte le conseguenze che ne derivano.
Questi requisiti sono cambiati pi๠volte nel tempo, a seguito delle diverse riforme che hanno interessato negli anni il Regio Decreto n. 267/1942, meglio noto come “legge fallimentareâ€.
Secondo l’attuale normativa, èstabilito che deve trattarsi di un’impresa commerciale, non detenuta da un soggetto definibile come “piccolo imprenditoreâ€, non soggetta obbligatoriamente alla liquidazione coatta amministrativa e che versi in stato d’insolvenza.
Vediamo, innanzitutto, il primo requisito: soggette al fallimento sono solamente le imprese, con esclusione dunque dei lavoratori autonomi, delle associazioni no-profit e altri organismi privati vari (purchè non esercitino attività d’impresa), degli enti pubblici e dei privati cittadini.
Non assume rilievo che si tratti di una ditta individuale o di una società : era una distinzione che aveva diversi riflessi secondo la normativa originaria del 1942 ma che con gli anni èstata completamente cancellata.