A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 77 del 3 gennaio 2011, con la quale ha giudicato nullo il licenziamento intimato oralmente ad un lavoratore e allo stesso tempo ha condannato il datore di lavoratore al risarcimento del danno corrispondente alle retribuzioni perse, rigettando cosଠil ricorso presentato dal datore di lavoro avverso la sentenza pronunciata dalla Corte d’Appello.
La Suprema Corte, infatti, ha stabilito che la mancata esecuzione della prestazione lavorativa imputabile al datore di lavoro determina per il lavoratore il diritto al risarcimento del danno per un ammontare pari alle retribuzioni che avrebbe dovuto ricevere, confermando la condanna già pronunciata dalla Corte d’Appello, pur riconoscendo che quest’ultima ha erroneamente fondato la sua decisione sull’articolo 1227 del codice civile (“concorso del fatto colposo del creditore”), andando cosଠa riconoscere una colpa dello stesso lavoratore-creditore non prospettata dalla controparte.