La fattispecie èdisciplinata dall’art. 2096 del codice civile, il quale al 3° comma stabilisce che “durante il periodo di prova ciascuna delle parti puಠrecedere dal contratto, senza l’obbligo di preavviso o d’indennità . Se perಠla prova èstabilita per un tempo minimo necessario, la facoltà di recesso non puಠesercitarsi prima della scadenza del termine“.
La Corte di Cassazione, in particolare, rigettando il ricorso presentato da un lavoratore, ha stabilito che il rapporto di lavoro subordinato che include un periodo di prova èsottratto, per un periodo massimo di sei mesi, alla disciplina dei licenziamenti individuali, ed ècaratterizzato da un potere discrezionale del datore di lavoro, a cui èriconosciuta la facoltà di recedere senza l’obbligo di fornire al lavoratore alcuna motivazione.
Tuttavia, come ha precisato la Suprema Corte nella sua sentenza, il potere discrezionale del datore di lavoro non èassoluto, in ogni caso il lavoratore per eccepire o dedurre la nullità del licenziamento in sede giurisdizionale deve necessariamente riuscire a dimostrare il positivo superamento dell’esperimento e che il recesso da parte del datore di lavoro sia imputabile ad un motivo estraneo a tale causa.
La Corte, infine, ha ulteriormente motivato la sua decisione spiegando che la funzione del periodo di prova èquella di consentire alle parti la possibilità di valutare la convenienza del rapporto di lavoro, per cui èrimessa alla loro discrezionalità la valutazione relativa alla sussistenza o meno di tale convenienza.