Pi๠nel dettaglio, nella sentenza in esame i giudici della Suprema Corte hanno rigettato il ricorso presentato da un lavoratore che, a seguito di un demansionamento e della sensazione di essere stato emarginato nel contesto in cui svolgeva la sua prestazione lavorativa, aveva inviato ai dirigenti dell’azienda una e-mail considerata offensiva.
Durante l’esame degli elementi probatori nel corso dei precedenti gradi di giudizio non era emerso alcun intento persecutorio nei confronti del dipendente, dal momento che il demansionamento appariva riconducibile prevalente ad una difettosa organizzazione aziendale.
A fronte di cià², dunque, èstata esclusa la sussistenza di “mobbing“, pertanto il comportamento del lavoratore èstato giudicato inescusabile, anche e soprattutto in considerazione del fatto che le espressioni contenute nella e-mail indirizzata ai propri diretti superiori avevano contenuto diffamatorio ed offensivo, circostanza che ha integrato la giusta causa di licenziamento.
Pertanto la sanzione espulsiva èstata considerata proporzionata alla gravità delle espressioni usate, che andavano ben oltre il diritto di cronaca e apparivano perfettamente riconducibili alle fattispecie penali dell’ingiuria e della diffamazione.