Lo rivela un’indagine diffusa nei giorni scorsi dall’associazione delle Camere di commercio italiane all’estero, con la collaborazione di Unioncamere.
A scanso di equivoci, èbene precisare che la crisi c’ e si sente: nel secondo trimestre del 2009 solo il 19% delle imprese italiane interpellate nel corso dell’analisi non ha subito una riduzione degli ordinativi dall’estero.
Tuttavia, molto pare dipendere dalla localizzazione dei partner esteri: se gli altri mercati europei hanno riservato parecchie delusioni, i commerci con i Paesi del Mediterraneo e con la ben pi๠remota Australia non hanno registrato flessioni rilevanti.
In generale, la miglior tenuta dei nostri prodotti dipende dal riconoscimento della qualità di alcune nostre filiere d’eccellenza. Sono stati soprattutto i vini e i prodotti agroalimentari da un lato e le produzioni meccaniche dall’altro a reggere meglio l’urto con la crisi globale.
Crisi nera, invece, per il tessile e la moda, per l’arredamento e soprattutto per le automobili, per le cui vendite solo il 2% degli intervistati prevede un miglioramento entro il 2009.
Gli imprenditori intervistati hanno poi suggerito qualche proposta su come affrontare la burrasca.
La risposta pi๠gettonata èstata la richiesta di rafforzare le missioni istituzionali dirette a favorire i nostri imprenditori presso le autorità politiche ed economiche delle nazioni straniere (segnalato dal 24% degli intervistati), seguito dalla richiesta di maggiore coordinamento nell’azione degli enti pubblici e privati interessati (21%).