Le direttrici di sviluppo sono diverse: le nazioni considerate si stanno impegnando a sviluppare le loro infrastrutture pi๠carenti (strade e ferrovie, dighe, elettrodotti, ospedali ecc.), ma anche a ridurre le loro barriere protezionistiche, proprio per attrarre know-how e capitali europei.
D’altronde, secondo le statistiche del Fondo Monetario Internazionale, i Paesi considerati dovrebbero veder accrescere nei prossimi anni, finita la crisi, la loro ricchezza interna al ritmo del 3-5% annuo, tassi superiori alla media internazionale.
La macroarea pi๠interessante èl’Africa settentrionale. La mente va immediatamente alla Libia, con cui l’alleanza politico-economica si èandata sempre pi๠rafforzandosi negli anni e che sta per investire miliardi nelle infrastrutture dei trasporti ma anche in quelle mediche.
Altrettanta attenzione, perà², meritano anche l’Algeria, che sta per avviare un poderoso piano energetico basato sullo sfruttamento dell’energia solare che si abbatte quotidianamente nelle immensità del deserto, e il Marocco che intende rilanciare il suo sistema turistico con porti e aeroporti, reti stradali e villaggi-vacanze.
Ovunque, inoltre, si attende lo sviluppo dei dissalatori, indispensabili in quelle nazioni cosଠaride per sostenere le esigenze della popolazione e dell’industria.
Anche la sponda orientale del Mediterraneo (il cosiddetto “Vicino Orienteâ€), comunque, sta guadagnando lentamente attenzione. Siria, Giordania e Israele intendono a loro volta potenziare le loro reti di trasporto e valorizzare a fini commerciali e logistici la loro posizione intermedia fra l’Europa e il Golfo Persico.