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Orologi, la crisi non èfinita

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Il settore della vendita di orologi sconta tuttora il perdurare implacabile della crisi dei consumi: un discorso che puಠessere applicato tanto a quelli di lusso quanto a quelli pi๠economici e commerciali.

L’uscita della crisi èrinviata al 2010, presumibilmente intorno alla metà  di quell’anno, ma preziose indicazioni verranno certamente dall’andamento delle vendite nei giorni sotto Natale, che normalmente sono in assoluto i pi๠proficui dell’intero calendario.


Le difficoltà  sono diffuse a livello internazionale, ma in Italia sono tutto sommato pi๠contenute. àˆ probabile che questo dipenda dalla peculiare struttura distributiva del nostro Paese, basata quasi esclusivamente sugli esercizi di vicinato.

Nei tempi di boom questo appariva come un anacronistico freno allo sviluppo dei commerci, ma ora che le vacche sono molto magre, questo potrebbe rivelarsi invece un punto di forza, in virt๠degli ottimi rapporti di fiducia sviluppatisi negli anni fra i clienti (in special modo i collezionisti) e i dettaglianti.


Comunque sia, uno sguardo oltreconfine puಠoffrire altre informazioni interessanti. La Svizzera èdi gran lunga il primo produttore del mondo: pi๠di metà  degli orologi prodotti ogni anno in tutto il pianeta proviene dai cantoni elvetici, e il novanta percento delle merci realizzate èdestinato ai mercati esteri.

Bene, le esportazioni di orologi svizzere sono tuttora in caduta libera: da gennaio ad ottobre del 2009 sono diminuite del 25% rispetto all’analogo periodo del 2008. à‰ da notare, comunque, che la crisi èancora in atto ma sta rallentando rispetto ai primi mesi dell’anno, e che i mercati tradizionali delle esportazioni svizzere (Italia, Francia, Germania) hanno visto cali modesti rispetto a quelli registrati in mercati pi๠innovativi come gli Stati Uniti e l’Oriente.