Lo staff del presidente Obama sta valutando in queste settimane l’ipotesi, e sebbene sia molto presto per trarre conclusioni, c’ un moderato consenso generale nei palazzi di Washington. Tutto sta a vedere quanto questo consenso sarà poi diffuso presso l’opinione pubblica: per indorare la pillola, si pensa ad un’aliquota unica molto modesta (il 5%), che comunque farebbe affluire alle casse di Washington centinaia di miliardi di dollari ogni anno.
Gli eventi in corso negli Stati Uniti interessano da vicino anche gli operatori italiani: gli acquisti di beni e servizi a stelle a strisce, infatti, sarebbero gravati da questo tributo, che ovviamente non sarebbe in alcun modo detraibile (dato che il gettito va ad alimentare l’Erario americano e non quello europeo). A meno che Washington non scelga di adottare per le esportazioni la non imponibilità delle operazioni, come d’altronde avviene in Europa.
In tutti i casi, per i contribuenti americani sarebbe un’autentica rivoluzione, proprio a causa degli stringenti adempimenti cui si èaccennato prima. Fatturazione, registrazione, liquidazione e dichiarazione, distinzione fra operazioni imponibili, non imponibili ed esenti, pro-rata, ipotesi di indetraibilità oggettiva e soggettiva… sono tantissime le complicazioni proprie della fiscalità europea che nel nuovo continente sono per lo pi๠sconosciute.
Al fisco leggero (in termini, si ripete, di adempimenti formali e non di pressione fiscale) di matrice anglosassone si sostituirebbe il fisco “pesante†tipico dell’Europa continentale: come detto, un’autentica rivoluzione.