La legge stabilisce che tutte le casse previdenziali professionali le quali, allo stato attuale, non garantiscono la copertura delle uscite per almeno trent’anni, devono essere riformate nella direzione della sostenibilità .
àˆ il caso della Cassa forense, per le quali gli analisti prevedevano il crack entro il 2031.
Indispensabile, dunque, adottare una robusta riforma, i cui contorni sono stati definitivamente tracciati nei giorni scorsi e che entrerà in vigore a partire dal prossimo gennaio.
Nulla di rivoluzionario, in realtà . Le soluzioni adottate vanno nelle direzioni pi๠semplici e tradizionali: graduale incremento dell’età pensionabile e aumento dei contributi a carico degli iscritti. Arriva, perà², anche la contribuzione ad un’inedita “pensione aggiuntivaâ€.
Sul primo fronte, oggi occorrono 65 anni d’età e 30 anni di contributi per aggiudicarsi la pensione di vecchiaia. Dal 2011 questi due limiti tenderanno a salire gradualmente lungo un periodo transitorio decennale; nel 2021, a regime, occorreranno 70 anni d’età e 35 anni di contributi.
Per quanto invece riguarda la seconda questione, ricordiamo che gli avvocati devono versare annualmente alla Cassa un contributo soggettivo (a proprio carico) calcolato sul reddito professionale: dall’anno prossimo l’aliquota salirà dal 12% al 13%.
àˆ inoltre dovuto un contributo integrativo da calcolarsi sul volume d’affari, che in genere èpoi addebitato in fattura ai clienti: la relativa aliquota sale dal 2% al 4%. Questo raddoppio, perà², ha efficacia solo per sei anni, dopodichè si rifaranno i conti e si vedrà se confermarlo anche per gli anni successivi.
Infine, i legali dovranno versare un ulteriore contributo dell’1% sul proprio reddito professionale, destinato ad alimentare un fondo integrativo i cui frutti andranno a costituire una quota aggiuntiva della pensione.