L’Agenzia delle Entrate contestava ad una società di capitali la deduzione dei compensi erogati agli amministratori in un dato periodo d’imposta piuttosto che nel successivo, con tutte le relative conseguenze in termini di debiti d’imposta.
Ma la sentenza della Cassazione èandata molto oltre la richiesta delle Entrate, stabilendo la totale indeducibilità dei compensi in questione.
Precisiamo che il caso risale a parecchi anni fa, prima della grande riforma del T.U.I.R. del 2003. Secondo il testo vigente all’epoca, mancava una norma tributaria che determinasse specificamente la deduzione dei compensi degli amministratori delle società di capitali, cosicchè occorreva riferirsi per analogia alle altre norme presenti.
L’articolo 62 prevedeva che l’imprenditore individuale non poteva dedurre dal suo reddito somme che egli si fosse erogato da solo per la propria attività gestoria, mentre nelle società di persone era prevista la deduzione dei compensi agli amministratori.
Ebbene, secondo la Suprema Corte, gli amministratori delle società di capitali non andavano assimilati ai colleghi delle società di persone (come si èsempre fatto, senza obiezioni dall’Agenzia delle Entrate) bensଠagli imprenditori individuali, con conseguente indeducibilità dei compensi. Questo perchè, a detta della Cassazione, tali amministratori presentano una mancanza di subordinazione nella loro attività gestoria, il che li avvicina alla figura dell’imprenditore individuale.
La sentenza ha suscitato, come accennato, un vespaio di critiche. Si èsegnalato, in particolare, come la Cassazione non abbia considerato nè il generale principio di deducibilità dei costi inerenti, nè l’articolo 95 che applicava (salvo esplicite deroghe) alle società di capitali le stesse norme dettate per le società di persone.
Fonte: Il Sole 24 Ore