Il diritto sorge anche quando l’incidente avviene nel tragitto dalla propria abitazione verso l’ufficio e viceversa: si parla, in tal caso, di “infortunio in itinereâ€.
La Corte di Cassazione ha stabilito un principio importante nella recente sentenza n. 7373/2010, che vedeva contrapposti le Poste Italiane ad un suo dipendente: l’infortunio in itinere èriconosciuto, con eventuale accertamento di responsabilità del datore, quando il lavoratore subisce un danno uscendo dal luogo di lavoro solamente se passa dalla porta giusta.
Il caso si verificಠalcuni anni fa. Il dipendente (già disabile), uscendo dall’ufficio, preferଠaccorciare la strada uscendo non dal normale portone principale, bensଠpassando dall’uscita per i mezzi che eseguono le operazioni di carico e scarico dei pacchi. Quel giorno, infatti, pioveva, e per raggiungere l’automobile preferଠdirigersi verso quell’uscita, che evidentemente gli veniva pi๠comoda.
Sennonchè, in quell’occasione subଠun grave incidente invalidante, per il quale in seguito l’INAIL gli avrebbe riconosciuto una rendita vitalizia. Al dipendente perಠquesto non èapparso sufficiente, e si èrivolto alla magistratura per ottenere un risarcimento dei danni patrimoniali e biologici conseguenti all’infortunio, quantificati all’epoca in 1,5 miliardi di lire.
Il tribunale diede ragione in primo grado al dipendente (salvo ridimensionare nettamente le sue richieste) e torto in secondo, azzerando il risarcimento.
Infine, la Cassazione ha posto termine alla questione. Il dipendente, scegliendo liberamente di passare da quella scorciatoia alternativa, non poteva fare una colpa alle Poste per l’incidente subito. Nessun risarcimento, dunque, poichè il datore aveva regolarmente predisposto vie d’uscita ordinarie adeguatamente sicure; diverso il discorso se queste fossero state inagibili.