L’INPS aveva inviato alla signora un estratto conto che riepilogava la sua intera situazione contributiva, ma esso conteneva dati errati. La signora, infatti, aveva dedotto, sulla base dell’e/c, che aveva maturato tutti i requisiti per poter andare in pensione, anche se cosଠin realtà non era affatto. La donna aveva dunque dato le dimissioni dal lavoro che svolgeva, scoprendo solo in seguito che la sua richiesta che gli venisse riconosciuto il trattamento pensionistico non poteva essere accolta.
Alla sua richiesta di risarcimento dei danni, tuttavia, la Corte di Cassazione ha infine detto di no, con la sentenza n. 7683/2010.
Il motivo èabbastanza semplice. La legge prevede un documento specifico, la certificazione, rilasciato a richiesta del cittadino dall’INPS e dall’INAIL per avere notizie complete sulla propria situazione previdenziale e assistenziale. La certificazione fa fede dei dati contenuti, perciಠun’eventuale certificazione errata avrebbe fatto scattare la responsabilità dell’INPS.
La lavoratrice, perà², non ha richiesto alcuna certificazione e si èfidata soltanto di un estratto conto privo di valore legale.
Ma non basta: l’INPS aveva inviato l’estratto conto alla signora proprio per chiederle di controllare ed eventualmente confermare i dati contenuti, in chiave di verifica. L’ente, cioà¨, aveva scritto nero su bianco che l’estratto conto poteva contenere dati sbagliati e domandava la collaborazione della lavoratrice per, eventualmente, rettificarli.
Nessuna scusante per la signora, dunque, e nessuna responsabilità per l’INPS.