Come negli altri casi di tributi il cui gettito èdestinato agli enti locali, i principi di base sono uniformi a livello nazionale, mentre i Comuni deliberano solo su questioni di dettaglio, come fissare l’ammontare dell’imposta fra un minimo e un massimo per ogni tipologia di attività pubblicitaria.
Un nuovo tassello sull’applicazione della norma èstato stabilito dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23383 emanata lo scorso 4 novembre. Il caso riguardava direttamente un non meglio precisato Comune piemontese, ma chiaramente la sentenza finisce per investire l’applicazione della legge sull’intero territorio nazionale.
Il caso vedeva contrapposti tale Comune e una società a responsabilità limitata. La Srl aveva disposto lungo la strada diversi cartelli per dare indicazione ai passanti su dove si trovava la propria sede aziendale.
A fronte degli avvisi di accertamento spiccati dal Comune, che pretendeva il pagamento dell’imposta sulla pubblicità , l’azienda si opponeva affermando che tali cartelli altro non erano che semplici indicazioni stradali, ai sensi dell’articolo 39 del Codice della Strada, con l’unica finalità di facilitare la guida e l’orientamento degli automobilisti.
La tesi dell’impresa, perà², non ha avuto molta fortuna. Entrambe le commissioni tributarie (di primo e di secondo grado) hanno dato ragione al Comune, e cosà¬, da ultimo, ha fatto la Cassazione. La Suprema Corte ha infatti respinto le obiezioni, ricordando che nei cartelli stradali in oggetto vi era un’evidente finalità promozionale a favore della società , e che il riferimento al Codice della Strada era insufficiente ad invocare l’esenzione dal tributo, considerato che nessuno aveva imposto all’impresa di disseminare tali cartelli.