Stiamo parlando della sentenza della Corte Costituzionale, sollecitata da numerose commissioni tributarie ad esprimersi su uno degli innumerevoli punti controversi della legge istitutiva dell’IRAP, il D. Lgs. 446/1997.
L’articolo 1 della legge, infatti, dichiara a chiare lettere che l’imposta regionale sulle attività produttive non puಠessere dedotta nel calcolo della base imponibile dell’imposta sui redditi.
Ma dato che l’IRAP indiscutibilmente costituisce per imprenditori e professionisti un onere inerente all’attività produttiva svolta, i magistrati si sono chiesti se quest’indeducibilità potesse giudicarsi costituzionalmente legittima.
Per le casse dello Stato si ècosଠrischiato il tracollo: in caso di accoglimento delle istanze da parte della Consulta, infatti, si sarebbero aperte le porte a richieste di rimborso per svariati miliardi di euro.
Per sventare la minaccia, sia il governo Prodi che quello Berlusconi hanno mosso le loro pedine: il primo ridisegnando completamente i metodi di calcolo della base imponibile, il secondo introducendo una limitata deducibilità (il 10% dell’IRAP versata) purchè si siano sostenute spese per personale dipendente e/o per interessi passivi.
E a quanto pare queste mosse si sono rivelate vincenti. àˆ infatti intervenuto il principio dello “jus superveniensâ€: secondo questo antico caposaldo del diritto, essendo stata modificata nel frattempo la legge su cui la Corte Costituzionale ha dovuto eseguire le proprie valutazioni, i ricorsi (presentati precedentemente) sono stati respinti poichè non pi๠attuali.
Per l’IRAP èl’ennesimo salvataggio in una vita tributaria corta ma estremamente travagliata: dalla Consulta alla Cassazione fino alla Corte di Giustizia Europea, sono numerosissime le controversie sulla legittimità cui i vari organi sono stati chiamati ad esprimersi, e c’ da giurare che la telenovela si arricchirà in futuro di qualche altra puntata.