Due sono quelli pi๠famigerati: gli studi di settore per il cosiddetto “popolo delle partite IVA†e il redditometro per i privati cittadini. Ma se finora si trattava comunque di strumenti distinti, oggi il discorso sta mutando.
Le indagini volte a ricostruire il reddito o il volume d’affari si basano su una mole sterminata di banche dati, dall’anagrafe tributaria a quella dei conti correnti, e cosଠqualcuno deve essersi chiesto perchè non mettere le informazioni proprie del redditometro per valutare la situazione economica di chi risulta incongruo alla prova degli studi di settore.
Il redditometro, in particolare, si serve di una serie di indicatori che consentono di presumere l’effettiva capacità contributiva del cittadino.
Agli indicatori tradizionali (ville, imbarcazioni, cavalli, personale domestico…) negli ultimi tempi ne sono stati aggiunti ed elaborati di nuovi (viaggi, iscrizione dei figli a scuole private, frequentazione di club esclusivi, acquisto di opere d’arte…).
Perchè, dunque, rinunciare a questo patrimonio di informazioni nei confronti di imprenditori e professionisti che sforano i risultati degli studi di settore?
La mancata congruità , infatti, non èsufficiente da sola a giustificare le rettifiche alle dichiarazioni del contribuente: occorrono altri elementi, come ripete ormai di frequente la magistratura tributaria. Le presunzioni provenienti dall’utilizzo del redditometro potrebbero dunque essere utilizzate come la prova mancante per completare il cerchio e blindare l’accertamento da ogni contestazione.
Per il momento l’innovativa accoppiata dei due strumenti sarà applicata sugli accertamenti riferiti al periodo d’imposta 2004; ma se l’esperimento avrà successo, ècerto che sarà ripetuto anche per gli anni a venire.