àˆ un risultato che appare incoraggiante (anche perchè rappresenta una crescita rispetto agli anni precedenti) e che offre nuova linfa allo strumento degli studi di settore, oggetto in questi ultimi mesi di un fuoco di fila da parte della Corte di Cassazione che ne ha disconosciuto in pi๠occasioni il valore probatorio per la ricostruzione del reddito dei contribuenti.
La Suprema Corte, infatti, ha ribadito con forza un concetto non sempre accettato pacificamente dall’Agenzia delle Entrate, e cioèche lo studio di settore offre indizi certamente utili per individuare i contribuenti pi๠anomali da sottoporre a controlli e presenta un’utile base statistica per rettificarne il reddito dichiarato, ma da soli essi non bastano assolutamente per trarre alcuna conclusione.
Di fronte a contribuenti incongrui, dunque, l’Agenzia deve impegnarsi per trovare altri indizi a carico dei medesimi prima di provvedere alla rettifica del reddito; deve inoltre accettare il contraddittorio con il cittadino, che potrebbe portare prove inoppugnabili che giustifichino lo scostamento rispetto alle risultanze di Gerico.
Cosà¬, almeno, secondo le dichiarazioni di principio stabilite dalla Cassazione. Non sempre, perà², le applicazioni pratiche rispondono ai requisiti: molte volte, infatti, la prassi vuole che sia il contribuente a dover sopportare l’onere della prova, e a doversi difendere da un accertamento induttivo basato esclusivamente sugli studi di settore.