Il requisito cosiddetto “geografico†presenta le conseguenze pi๠complesse, se analizziamo le operazioni che si svolgono a cavallo di pi๠Paesi.
Innanzitutto, occorre distinguere le operazioni di importazione ed esportazione dagli acquisti e cessioni intracomunitarie: con le prime si fa riferimento alle operazioni a cavallo fra l’Italia e uno Stato extracomunitario, mentre nelle seconde èinvece coinvolto un’altra nazione membro della UE. La legge definisce operazioni imponibili le importazioni, da chiunque siano effettuate (inclusi i privati cittadini), mentre le cessioni all’esportazione costituiscono una categoria a sè stante, le “non imponibiliâ€.
Al momento, gli acquisti intracomunitari sono assimilati alle importazioni, mentre le cessioni intracomunitarie sono associate alle esportazioni.
Fra le pieghe del decreto anti-crisi si ritrovano diverse abrogazioni che il ministro dell’Economia Tremonti ha voluto apportare al sistema fiscale voluto nella precedente legislatura dal viceministro Visco.
Al di là del merito, emerge con chiarezza la differente filosofia dei due politici: se Visco riteneva pi๠utile contrastare l’evasione fiscale introducendo una serie di limiti e di vincoli di natura adempimentale, Tremonti preferisce puntare invece a potenziare i controlli sostanziali sul territorio.
Il risultato, comunque, èche per le imprese si prospettano da oggi alcune semplificazioni che dovrebbero ridurre il tempo dedicato agli obblighi tributari.
Continuano gli sforzi di fantasia del legislatore per individuare nuovi strumenti che evitino il ricorso al contenzioso tributario in caso di controversia fra il contribuente e l’Amministrazione Finanziaria.
Dopo l’accertamento con adesione ordinario e l’adesione ai PVC (processi verbali di constatazione), ora arriva anche la possibilità di aderire agli inviti che l’Agenzia delle Entrate invia al contribuente perchè quest’ultimo possa difendersi in contraddittorio dalle ipotesi di accertamento eseguite dal Fisco.
L’iter descritto negli articoli precedenti, molto lineare, costituisce l’ordinaria procedura d’interpello. Puಠperಠverificarsi il caso in cui tale linearità venga messa a repentaglio quando l’ente interpellato emette in tempi successivi due pareri di tenore diverso.
All’ente èinfatti riconosciuto dalla legge il diritto di rettificare un suo primo parere con un secondo successivo. In tutti i casi, il secondo parere non puಠessere emesso oltre il termine massimo di centoventi giorni da quando èstata notificata la richiesta d’interpello del contribuente
A questo punto possono verificarsi due situazioni. Se il cittadino non ha ancora posto in essere alcun comportamento in risposta al primo parere, allora il secondo sostituisce a tutti gli effetti il precedente, che ècome se non fosse mai esistito.
Se invece egli ha già agito, allora il secondo parere ègiunto “fuori tempo massimoâ€, e dunque sarà proprio quest’ultimo a doversi considerare come mai emesso.
L’interrogativo posto dal contribuente puಠconcernere qualunque materia di ambito tributario, senza limiti di argomento.
Egli deve esporre e sottoscrivere il suo caso per iscritto, in carta libera e in esenzione da imposta di bollo, e inviarlo tramite raccomandata oppure consegnarlo a mano all’ente competente, che avrà centoventi giorni per rispondere.
In particolare, se il discorso riguarda un’imposta locale occorrerà riferirsi ovviamente all’ente amministrativo corrispondente, mentre nell’ipotesi di un tributo erariale ci sono varie alternative: se la questione riguarda la materia doganale o problemi legati al catasto, l’interpello andrà inviato rispettivamente alla Direzione Regionale dell’Agenzia delle Dogane oppure del Territorio.
Negli altri casi occorrerà riferirsi all’Agenzia delle Entrate, solitamente alla Direzione Regionale, ad eccezione dei casi in cui l’interpellante sia un ente pubblico oppure sia un privato che nell’anno precedente ha ottenuto ricavi superiori a 258 milioni di euro circa, perchè in questo caso la sede competente èquella centrale, a Roma.
L’Agenzia delle Entrate ha emanato un documento di prassi (la risoluzione n. 441/2008) in cui spiega la complessa procedura da adottare perchè una singola forma di liberalità sia riconosciuta fiscalmente. Si tratta della pratica, ormai frequente, con cui i lavoratori di una data azienda o di un intero comparto produttivo decidono di regalare una o pi๠ore di lavoro ad una singola Onlus, solitamente in occasione di una precisa iniziativa benefica.
In sostanza, la retribuzione corrispondente èdonata alla Onlus mediante il datore di lavoro.
La liberalità èassimilata a una normale operazione di beneficenza, e dunque consente la detrazione dall’IRPEF per il 19%, entro il limite di 2.065,83 euro. E tuttavia, per tale detrazione èrichiesta una complessa procedura delineata dalla recente risoluzione, che consente di individuare con precisione l’entità delle somme devolute e i nominativi dei lavoratori partecipanti.
Innanzitutto, occorre che l’intera somma riferita a tutti i lavoratori aderenti sia devoluta dal datore di lavoro tramite bonifico bancario la cui causale dovrà descrivere il tipo di donazione effettuata, il numero complessivo degli aderenti e il mese di riferimento. Il datore dovrà poi redigere degli elenchi dettagliati di tutti i lavoratori aderenti e delle relative somme donate, distinguendo mese per mese.
Terminata la compilazione dei modelli necessari per l’iscrizione al Registro delle Imprese, vediamo ora quelli destinati all’Agenzia delle Entrate.
àˆ significativo notare come questi ultimi modelli siano gli unici che devono essere compilati da chiunque intenda avviare un’attività .
Come già precisato, infatti, i liberi professionisti non sono tenuti alla registrazione presso la Camera di Commercio; l’iscrizione all’INAIL èrichiesta normalmente a chi ha lavoratori dipendenti o parasubordinati, mentre l’iscrizione all’INPS non èsempre obbligatoria (non lo à¨, ad esempio, per quelle categorie professionali dotate di un’autonoma cassa previdenziale).
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