Dopo il report positivo di Unioncamere in cui si parlava del calo dei fallimenti, siamo andati a visionare il comunicato ufficiale della prima fonte d’osservazione, vale a dire il Cerved che ha un Osservatorio dedicato all’argomento. Ecco cosa dice rispetto al trend del 2016.Â
fallimenti
Cerved, i risultati dell’Osservatorio sui fallimenti 2015 – I parte
I giornalisti prendono nota di una buona notizia: quella del calo del numero di fallimenti per le imprese italiane. A dirlo èil reportage dell’Osservatorio sui fallimenti del Cerved. Ecco il comunicato che spiega “come siamo messi”.Â
Nuovo calo dei fallimenti, il report di Unioncamere
Quando si parla di imprese che soffrono, il discorso si puಠsempre affrontare in ottica positiva e cercare nell’ordinamento gli strumenti messi a disposizione degli imprenditori che hanno fatto male i conti. Quando si parla di fallimenti, il discorso cambia. Fortunatamente su questo versante stanno arrivando buone notizie.Â
I fallimenti delle aziende aumentano del 14 per cento nel secondo trimestre 2014
La crisi economica non èaffatto dietro le spalle dell’Italia. A partire dal 2001, infatti, si èregistrata proprio quest’anno la percentuale in assoluto pi๠alta di fallimenti aziendali. I dati sono stati raccolti dal Cerved, che tiene il polso della situazione. Nel secondo trimestre del 2014, dunque, i fallimenti delle imprese italiane sono stati in crescita del 14 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, il 2013.Â
Aumentano i fallimenti di impresa nel 2013
I dati inerenti i fallimenti di impresa elaborati da Cerved mostrano un grave aumento nell’anno 2013, che vanno ad aggravare la già difficile situazione di crisi degli scorsi anni. L’istituto Cerved ha analizzato i dati del primo trimestre del 2013 e ha stimato che circa 3500 aziende hanno avviato una procedura di fallimento, un valore che supera di circa il 12% lo stesso dato rilevato nei primi tre mesi dell’anno precedente.
Chiusura per fallimento in aumento
Questi fallimenti riguardano soprattutto le imprese che operano nel settore industriale, infatti l’incidenza di questi rispetto alle aziende del settore ha raggiunto quota 31,7%.
Il nord Italia risulta essere quello pi๠colpito, ma negli ultimi mesi si èverificata un’inversione di tendenza che vede incrementare i fallimenti anche per quanto riguarda le imprese site nel Mezzogiorno.
Commercialisti, professione in buona salute
Analizzando le dichiarazioni presentate l’anno scorso, si scopre che il 2008, nonostante sia stato l’anno di avvio della crisi globale, non èstato poi cosଠnegativo, dato che redditi medi e volumi d’affari sono andati crescendo rispetto all’annata precedente.
Ragionevole durata del fallimento
In questi anni la Corte di Cassazione ha provato a dare un valore al concetto di ragionevole durata, ipotizzando un traguardo di cinque anni perchè scatti l’indennizzo nei processi di primo grado, che perಠsale a sette nei casi delle procedure fallimentari, normalmente piuttosto complesse da gestire.
Aziende fallite nel 2009
Il risultato, in effetti, nel biennio successivo èstato in buona parte raggiunto, con una riduzione verticale delle procedure aperte. L’avvento della crisi, perà², ha profondamente mutato il clima, con un ritorno vertiginoso della crescita delle procedure concorsuali, e si presume che il 2010 sarà anche peggio.
La giustizia lenta ha costi enormi per le aziende
Si tratta dei costi che tutto questo provoca alle aziende italiane: e si tratta di cifre faraoniche, riferite al 2007.
Anche l’agricoltura soffre la crisi
àˆ forse per questo motivo che gli agricoltori denunciano di essere stati lasciati soli dalle istituzioni in un periodo di grandi difficoltà . In verità , la grande crisi internazionale colpisce il settore primario solo in misura indiretta, sotto forma di incremento dei costi e di riduzione dei prezzi di vendita.
Ma gli effetti sono comunque pesanti: secondo i dati diffusi dalla CIA (Confederazione Italiana Agricoltori) nel corso del 2008 i costi di produzione sono cresciuti mediamente del 9%, con punte record per i concimi (+43,3%), ma anche la crescita degli oneri di natura socio-previdenziale non scherza (+26,8% nell’ultimo biennio).