Stabilito, dunque, che le donne in quanto tali nel nostro tempo non hanno pi๠bisogno di specifica protezione, il legislatore ha perಠdedicato un’attenzione particolare alla lavoratrice che èanche madre di famiglia.
Qui il discorso, infatti, èdel tutto differente: non ètutelato il “sesso debole†ma la particolare funzione che la donna assume in quanto madre.
La legge prevede, dunque, una serie di protezioni contenute oggi nella legge 151/2001, che ha anche introdotto una notevole innovazione rispetto al passato: la possibilità di estendere o trasferire le tutele al lavoratore-padre, in tutte le ipotesi in cui non sia la madre a fruirne, per scelta o impossibilità .
Le azioni per le pari opportunità possono sorgere in direzione di numerosi obiettivi: favorire la diversificazione professionale delle donne; garantire un maggiore equilibrio fra gli impegni lavorativi e quelli familiari; promuovere una loro maggiore presenza in quegli ambiti dove esse sono sotto-rappresentate.
A differenza delle norme di tutela propriamente dette, la legge sulle pari opportunità non interviene “contro†ma “proâ€.
Come già accennato, il complesso sistema di tutele previsto per le donne lavoratrici èstato spazzato via nel 1977, in quanto fortemente avversato dai movimenti femministi e ritenuto lesivo della parità fra i sessi. Restavano in piedi solo il divieto di lavoro notturno (cancellato a sua volta diversi anni dopo) e una norma di tutela molto particolare, tuttora vigente: il divieto di licenziamento intimato alla lavoratrice nel cosiddetto “periodo matrimonialeâ€, ossia dalla data della pubblicazione degli annunci nuziali fino ad un anno dopo la celebrazione del matrimonio.
L’evoluzione legislativa in materia di tutela a lavoratori minorenni e lavoratrici-madri èstata costellata da moltissime tappe di rilievo, che hanno portato il diritto del lavoro ad assumere la forma attuale.
Vediamo dunque di chiarire qual èil quadro delle principali leggi oggi vigenti.
Iniziamo dai minori. Le leggi sul lavoro li distinguono in due categorie: i bambini (fino ai quindici anni di età ) e gli adolescenti (dai sedici ai diciotto anni). Coloro che tuttavia hanno compiuto o superato i sedici anni ma non hanno ancora assolto l’obbligo scolastico sono assimilati ai bambini.
Nel Diciannovesimo Secolo, l’età del liberismo, si pensava che i rapporti fra datore di lavoro e dipendente dovessero essere interamente regolati dalle parti, senza alcuna ingerenza da parte dello Stato. Questo, come tutti sanno, ingenerava incredibili abusi ai danni del lavoratore, parte debole del contratto.
Le primissime leggi in materia di lavoro emanate alla fine dell’Ottocento intervenivano proprio per sanare gli eccessi pi๠intollerabili, soprattutto a favore delle categorie di lavoratori considerate in assoluto pi๠meritevoli di tutela: i minori di età e le donne.
Accanto alla forma di rapporto lavorativo tradizionale (lavoro dipendente a tempo indeterminato), esiste oggi una pluralità di fattispecie che ne differiscono in misura maggiore o minore e che ètalvolta difficile da qualificare.
Eppure, sapere con certezza che tipologia di rapporto si èinstaurato èindispensabile per individuare i diritti e gli obblighi a carico di entrambi.
E, naturalmente, non ha nessuna rilevanza il nome dato dalle parti al loro rapporto: conta, infatti, come esso si svolge effettivamente. Non sono pochi, ad esempio, i rapporti definiti in teoria di collaborazione coordinata e continuativa che il tribunale ha in realtà identificato come di lavoro subordinato a tutti gli effetti.
La legge Biagi ha riformulato nel 2003 il concetto di “lavoro notturnoâ€: ètale ogni prestazione lavorativa di durata pari almeno a sette ore consecutive delle quali almeno tre rientrino all’interno dell’intervallo compreso fra la mezzanotte e le cinque del mattino.
Poichè certo pi๠gravosa dell’attività svolta durante le ore del giorno, da molti anni la legge e i contratti collettivi hanno stabilito che l’imposizione al lavoratore di un orario di lavoro notturno èconsentita solo qualora vi siano delle effettive esigenze da parte del datore in relazione alla natura dell’attività svolta.
Dagli anni Novanta ad oggi, il sistema del collocamento si èmodificato in maniera radicale.
Se un tempo il lavoratore poteva trovare lavoro in ambito privato quasi esclusivamente attraverso il sistema pubblico mediante gli uffici di collocamento, oggi la regola èdata dal libero incontro sul mercato da parte della domanda e dell’offerta di lavoro.
Con la circolare n. 108 del 10 dicembre, l’INPS ha finalmente chiarito i termini di una novità introdotta nel nostro ordinamento con la manovra d’estate (legge 133/2008) e che diventerà operativa a partire dal 1° gennaio.
Dal 2009 in avanti, infatti, vengono meno i limiti alla cumulabilità dei redditi di pensione con qualunque forma di reddito da lavoro: dipendente, parasubordinato e autonomo. L’INPS ha chiarito la portata dell’innovazione, e ha precisato anche alcuni limiti di cui si dovrà tenere conto.
Una recente innovazione èdestinata a mutare profondamente i rapporti fra gli operatori economici e le istituzioni pubbliche.
àˆ stabilito, infatti, che tutte le nuove società , di qualsiasi forma, che vorranno iscriversi al Registro delle Imprese dovranno indicare il proprio indirizzo di Posta Elettronica Certificata (P.E.C.) già nel modulo di iscrizione, mentre le società già esistenti dovranno istituire tale casella mail e comunicarla alla Camera di Commercio entro il novembre 2011.
Con il consenso di Confindustria e della maggiore parte delle forze sindacali, il Governo ha deciso di prorogare all’intero 2009 la misura agevolativa sulla detassazione del lavoro dipendente già adottata negli ultimi sei mesi del 2008, ma con alcune significative novità .
Innanzitutto, si èscelto di rinunciare a favorire il ricorso al lavoro straordinario, lasciando esclusivamente il campo ai premi di produttività previsti dai contratti di comparto, aziendali o individuali. Nel 2009, percià², lo straordinario tornerà ad essere tassato in forma regolare.
Fra i tanti contratti introdotti nel nostro ordinamento dalla controversa e celeberrima legge-Biagi, uno dei meno noti e pi๠anomali ècertamente il lavoro ripartito, definito pi๠comunemente job-sharing, secondo la dizione anglosassone. In effetti, èuna tipologia di contratto di lavoro subordinato che ènata anni addietro negli Stati Uniti, e solo in tempi molto recenti si ècercato di introdurla in Europa.
Per il momento, comunque, non sembra avere avuto grande diffusione, forse anche per la sua scarsa notorietà ; e tuttavia, in condizioni particolari potrebbe essere una soluzione ottima per i lavoratori, soprattutto quando hanno anche una seconda attività (di lavoro o di studio).
In pratica, si ha a che fare con un contratto di lavoro subordinato che nelle sue caratteristiche generali (diritti e obblighi reciproci, stipulazione ed estinzione, orario, ferie ecc.) non si discosta in alcun modo dalla tipologia ordinaria. La differenza consiste nel fatto che, a fonte di un unico datore, avremo due o pi๠lavoratori.
Dopo una lunga preparazione, nel 2007 èntrata in vigore la famosa e controversa riforma sul trattamento di fine rapporto. Essa, va subito precisato, non comporta modifiche alle modalità di determinazione o di tassazione della retribuzione differita, che sono state esaminate negli articoli precedenti.
Una volta stabilito perಠa quanto ammonta il TFR e quando viene erogato al lavoratore, tuttavia, rimaneva oggetto di discussione che sorte esso dovesse avere nel periodo intermedio, fra il momento in cui matura e quello in cui èattribuito al dipendente.
Da sempre, il TFR veniva accantonato nei bilanci aziendali come un fondo a parte. Questo era visto con grande favore dagli imprenditori, in quanto finiva per costituire una riserva finanziaria non da sottovalutare, utilissima per fronteggiare i fabbisogni dell’impresa nel medio-lungo periodo.
Se un lavoratore entra in azienda a venticinque anni e ne esce a sessantacinque, èfacile comprendere che per quarant’anni l’impresa puಠimpiegare il fondo TFR via via maturato ma non ancora erogato per coprire le proprie esigenze finanziarie, salvo poi reintegrarlo al momento in cui esso va versato al lavoratore.
Per le sue prestazioni, il lavoratore ha diritto alla retribuzione. Essa si suddivide in due componenti: quella immediata, che viene corrisposta periodicamente (in genere ogni mese), e quella differita, che invece ècorrisposta solo alla conclusione del rapporto di lavoro, qualunque sia la causa: scadenza del termine, scioglimento consensuale, impossibilità sopravvenuta, dimissioni, licenziamento, morte del lavoratore (e in questo caso, a godere della retribuzione differita saranno ovviamente gli eredi).
La componente di retribuzione differita, chiamata nel linguaggio comune “liquidazioneâ€, èdefinita dalla legge come “trattamento di fine rapporto di lavoro subordinato†(TFR).
Mentre l’ammontare della retribuzione immediata èriservata alla libera contrattazione (a livello individuale o sindacale), l’entità della retribuzione differita èstabilita rigidamente dalla legge.
Attualmente, infatti, la determinazione del TFR èstabilita dall’art. 2120 del Codice Civile, che assunse l’attuale formulazione nel 1982, per avvicinare l’Italia alle norme comunitarie.
Secondo le regole generali del diritto privato, quando un contratto ènullo per una qualsiasi delle cause previste dalla legge, la dichiarazione di nullità ha efficacia “ex tuncâ€, ossia retroattiva. Sarebbe come se il contratto non fosse mai stato stipulato, e dunque non produce alcun tipo di effetti giuridici.
Tuttavia, nell’ipotesi di un contratto di lavoro, il legislatore ha voluto porre dei correttivi a questa regola generale, a tutela della parte debole del contratto, ossia il lavoratore dipendente.
L’art. 2126 del Codice Civile, pertanto, stabilisce che la dichiarazione di nullità non pregiudica i diritti acquisiti dal lavoratore fino al momento in cui tale nullità viene accertata dal giudice. Questo significa che egli ha comunque diritto alla retribuzione e agli altri diritti maturati (indennità , TFR ecc.), e questo nonostante il rapporto di lavoro, in teoria, ècome se non fosse mai esistito.
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