Minacce tra colleghi e licenziamento

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La punibilità  di un lavoratore dipendente in sede penale a fronte della commissione da parte di quest’ultimo di un reato non puಠessere posta a sostegno di un licenziamento disciplinare, in quanto occorre effettuare una valutazione autonoma e indipendente sulla idoneità  del fatto a integrare gli estremi di un licenziamento per giusta causa o di un licenziamento per giustificato motivo.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 12232 del 20 maggio 2013, con la quale èstato giudicato il caso di un licenziamento disciplinare intimato ad un lavoratore colpevole di aver minacciato un suo collega in occasione di una lite verbale.

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Omessa comunicazione malattia e licenziamento

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Nel caso in cui il lavoratore non provveda a consegnare o ad inviare al suo datore di lavoro il certificato medico attestante la malattia, quest’ultimo puಠprocedere al suo licenziamento per assenza ingiustificata.

Ad affermarlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 10552 dello scorso 7 maggio 2013, con la quale èstato giudicato il caso di un lavoratore dipendente che non aveva provveduto a far pervenire al suo datore di lavoro il certificato dell’ospedale presso il quale era stato ricoverato e che conteneva una prognosi di venti giorni, provvedendo invece a consegnare un successivo certificato del medico curante che considerava sufficiente per la guarigione una periodo di assenza minore di quella originariamente prescritto dall’ospedale.

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Trasferimento del lavoratore con handicap senza il suo consenso

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Il datore di lavoro èlegittimato a procedere al trasferimento di un suo dipendente, invalido a seguito di un infortunio sul lavoro, anche senza il consenso di quest’ultimo.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 10338 del 3 maggio 2013, con la quale èstato respinto il ricorso proposto dal lavoratore avverso la sentenza della Corte d’Appello, che aveva giudicato legittimo il trasferimento del lavoratore in quanto egli non rientrava nella categoria prevista dalla legge n. 104/1992.

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Violazione norme antinfortunistiche e sequestro dell’azienda

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Nell’ambito di un procedimento penale instaurato a fronte di lesioni personali connesse alla violazione di norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro èpossibile procedere al sequestro preventivo della società  e della relativa azienda.

A stabilire la legittimità  di tale provvedimento èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 18603 del 24 aprile 2013. In realtà , nel primo grado di giudizio il tribunale aveva stabilito l’inammissibilità  del sequestro preventivo in relazione ad un’attività  imprenditoriale, in considerazione del carattere ablatorio, e quindi non interdittivo, della misura cautelare, che impone la riferibilità  esclusivamente ad una cosa pertinente al reato e non all’intera impresa o attività  imprenditoriale.

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Mansione del lavoratore non connessa al grado di istruzione

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La Corte di Cassazione con la sentenza n. 9240 del 17 aprile 2013 ha affermato che il conseguimento di una laurea da parte del lavoratore dipendente non obbliga il datore di lavoro ad assegnare mansioni di livello superiore.

Nella sentenza in esame, in particolare, la Suprema Corte ha giudicato il caso di un dipendente che ha agito nei confronti del suo datore di lavoro contestando il mancato riconoscimento di un’adeguata posizione lavorativa, che a suo dire non sarebbe adeguata rispetto alle qualifiche professionali da lui possedute.

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Previdenza complementare e formazione del TFR

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La Corte di Cassazione con la sentenza n. 8228 del 4 aprile 2013 èintervenuta sulle differenze tra trattamento di fine rapporto e previdenza complementare.

In particolare, nell’ambito della suddetta pronuncia, la Suprema Corte ha anzitutto ricordato che il TFR èuna somma di denaro consistente nell’insieme di una serie di accantonamenti periodici, quindi proporzionale rispetto al periodo di servizio prestato, dovuta dal datore di lavoro al suo dipendente in caso di scioglimento del rappporto di lavoro.

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Compensi notarili sotto i minimi non lesivi della concorrenza

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La Corte di Cassazione con la sentenza n. 9358 del 2013 ha affermato che il notaio, essendo un lavoratore autonomo, puಠrichiedere ai suoi clienti un compenso inferiore rispetto ai minimi previsti, senza che questo suo comportamento venga considerato una violazione della concorrenza.

La Suprema Corte, dunque, con la suddetta sentenza ha ribaltato l’orientamento fino ad oggi considerato prevalente, secondo cui la riduzione sistemica dei compensi e dei diritti notarili deve essere considerata concorrenza illecita.

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Limiti del contratto a termine non si applicano alla somministrazione

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La Corte di Giustizia Europea lo scoso 11 aprile èintervenuta sulle differenze tra il contratto a tempo determinato e il contratto di somministrazione, affermando che si tratta di due fattispecie contrattuali regolate da differenti previsioni normative e che quindi le norme relative al contratto di lavoro a termine non possono essere applicate ad un contratto di somministrazione avvalendosi della disciplina delle proroghe.

Nel caso in esame, in particolare, èstata giudicata la controversia riguardante un lavoratore impiegato come portalettere presso Poste Italiane con tre successivi contratti a tempo determinato, sulla base di contratto di somministrazione di lavoro a tempo determinato concluso tra la Obiettivo Lavoro e Poste Italiane.

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Licenziamento e danno non patrimoniale

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In caso di licenziamento illegittimo il lavoratore ha diritto alla reintegrazione sul posto di lavoro e al pagamento della retribuzione che avrebbe percepito dal giorno del licenziamento fino a quello della sua reintegra.

Tale predeterminazione legale del risarcimento a favore del lavoratore licenziato senza valido motivo non esclude perಠla possibilità  per quest’ultimo di chiedere il risarcimento del danno ulteriore derivante dal ritardo nella reintegra.

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Mancata fruizione riposo settimanale e risarcimento danni

La normativa attualmente in vigore prevede il diritto del lavoratore dipendente a fruire di un giorno di riposo settimanale dopo sei giorni consecutivi di lavoro, al fine di consentire un recupero delle energie psico-fisiche.

Trattandosi di un diritto garantito, in quanto indicato oltre che nell’art. 2109 del codice civile anche nell’art. 36 della Costituzione, esso non puಠessere negato nè tanto meno essere oggetto di modifica tramite clausole contrattuali, che risulterebbero quindi nulle.

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Revoca delle funzioni non configura caso di mobbing

La revoca delle funzioni nei confronti di un lavoratore dipendente non configura necessariamente un caso di mobbing, essendo necessario a tal fine che il lavoratore riesca a provare che tale revoca sia finalizzata alla sua emarginazione.

A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 7985 del 2 aprile 2013, con la quale èstato rigettato il ricorso presentato da un dipendente comunale e con il quale veniva chiesta la declaratoria dell’illegittimità  della revoca dall’incarico di responsabile di sezione, con conseguente reintegrazione nel posto precedentemente occupato e condanna della controparte al pagamento di una somma di denaro a titolo di risarcimento danni.

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Parcella avvocato proporzionale alla causa

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 7807 del 28 marzo 2013 ha affermato un importante principio in tema di compenso spettante agli avvocati.

In particolare, la Suprema corte ha giudicato il caso di una lite tra un legale e un suo cliente, nell’ambito della quale il primo chiedeva al suo assistito il pagamento di una parcella di 18.000 euro dopo averlo difeso in una lite avente ad oggetto una controversia riguardante la compravendita di un immobile del valore di 390.000 euro.

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Licenziamento per denuncia sulla sicurezza infondata

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 7499 del 26 marzo 2013 ha confermato il licenziamento di un dipendente che aveva denunciato un allarme sulla sicurezza di un impianto presente in azienda, rivelatosi poi infondato sulla base dei successivi controlli da parte degli organi compenti.

Nel caso in esame, in particolare, il lavoratore di una società  di gestione di un inceneritore, avente qualifica di responsabile dei collaudi, delle verifiche e dei controlli dei lavori di natura specialistica, aveva denunciato che in occasione di un guasto alla caldaia egli non era stato avvisato, nonostante fosse il responsabile, e che i lavori di riparazione non erano stati eseguiti a regola d’arte, con concreti rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori.

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Periodo di comporto e licenziamento illegittimo

Il periodo di comporto èun periodo di tempo durante il quale il lavoratore dipendente puಠassentarsi dal lavoro per motivi di salute con diritto alla conservazione del posto di lavoro. Una volta superato tale periodo, il datore di lavoro èlegittimato a licenziarlo.

La durata del periodo di comporto èstabilita dal contratto collettivo nazionale di riferimento, ad esempio per i dipendenti pubblici èdi 36 mesi, di cui 18 mesi retribuiti e altri 18 mesi non retribuiti.

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