A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 4245 del 28 gennaio 2013, con la quale èstato accolto il ricorso di un lavoratore, condannato nei due precedenti gradi di giudizio, che chiedeva l’applicazione dell’esimente prevista dal primo comma dell’articolo 599 del codice penale, in quanto le ingiurie erano state reciproche e il lavoratore aveva reagito in stato d’ira a comportamenti provocatori del datore di lavoro, che per diversi mesi aveva posto in essere nei suoi confronti azioni di mobbing.
sentenze sul lavoro
Furto ad un collega ècausa di licenziamento legittimo
A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 1814 del 2013, con la quale èstato giudicato il caso di un lavoratore che aveva approfittato della momentanea assenza di un suo collega, chiamato da uno dei dirigenti, per rubargli lo zaino. Successivamente, inoltre, si era rifiutato di aprire la sua macchina dicendo di aver perso le chiavi e affermando di non sapere come lo zaino fosse finito all’interno del suo veicolo.
Licenziamento per giusta causa e assoluzione nel giudizio penale
Il lavoratore, in particolare, basava il suo ricorso non tanto sulla sussistenza o meno del furto, che stando all’azienda sarebbe stato provato, ma quanto pi๠sul fatto che in merito a tale episodio era stata disposta l’archiviazione del procedimento penale a suo carico.
Criteri di gestione dell’impresa insindacabili dal giudice
A quest’ultimo spetta invece il compito di compiere un controllo sulla reale sussistenza del motivo addotto dall’imprenditore, attraverso un’idonea valutazione delle prove.
Risarcimento infortunio sul lavoro ai conviventi non parenti
A stabilirlo èstata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 43434 dell’8 novembre 2012, con la quale èstata confermata la decisione della Corte d’Appello che, ritenendo responsabili l’amministratore unico e il responsabile di cantiere di una società per omicidio colposo a seguito dell’infortunio mortale di lavoratore dipendente extracomunitario, riconosceva il diritto al risarcimento danni in favore sia della madre del lavoratore che di coloro con cui la vittima conviveva stabilmente in Italia, ovvero la moglie e il figlio di quest’ultima.